Poesie di Claudio Rampin
Edizioni EventualMente (Giugno 2007)
Collana "Orchidea"
Dimensioni cm 12x19,5, 64 pagine
Prefazione di Antonia Izzi Rufo
ISBN 88-901047-7-0
ISSN 1724 - 5257
Prezzo € 5 IVA compresa
Premessa dell'autore
L’esigenza di sgravare il fulmine,
che ci soffoca nell’inchiostro,
che macchia la carta in forma paroliera,
per redimere un senso a questo:
“cuore sotto la pioggia”,
fantasma trasformato in frutti poetici,
azzurri spazi invadenti stilati dall’Io.
Così ho definito la mia poesia, qualche anno addietro.
Non è ambizione, ma la ricerca di un punto di contatto con l’esterno, per vincere la timidezza e una solitudine interiore ed esteriore.
Una testimonianza di come una sofferenza può raggiungere livelli drammatici, quando vieni frainteso, ignorato o incompreso.
Quando i propri sentimenti vengono rimaneggiati, senza essere valutati nel significato autentico. Con ciò, mi auguro che questa sia la chiave giusta per comprendere nel migliore dei modi il mio messaggio.
Le liriche contenute nel tema centrale, che titola anche l’intera opera, sono state ricavate dal materiale scritto negli anni: 1989 e 1990. Per ora, ne ho inserito soltanto una parte, diciamo circa la metà. Le altre le riporterò in una prossima pubblicazione, se Dio vorrà, anche perché, non avrei trovato spazio per inserire e portare avanti argomenti più recenti che mi stanno a cuore, come quelli contenuti nei temi: “Dedicato 3” e “Sfinge”. Mantenendo un modello già utilizzato nelle pubblicazioni precedenti.
Fra i numerosi appunti, in (Un cuore sotto la pioggia), ho scelto le più significative, le più inerenti al messaggio che desideravo esporre: per lo meno in quegli anni e in quei momenti.
Il 1989 è anche l’anno in cui ho iniziato correttamente e seriamente a mettere nero su bianco i miei pensieri, grazie ad una situazione che, nonostante fosse triste, mi ha avviato verso un mondo diverso dalla routine: quello della scrittura.
Ne ho sofferto, ma ringrazio quella persona che mi ha fatto scoprire, oltre al dolore, queste mie modeste e umili capacità.
Per anni questo materiale è rimasto nel cassetto, ora, presumo sia arrivato il momento di spolverarlo. Prima di continuare però, desidero vivamente ringraziare, cosa che dovevo fare da tempo, alcuni scrittori novaresi, Aldo Ferraris, Otello Soiatti, Silvano Crepaldi e Bernardino Prella che, all’inizio, m’hanno consigliato e spiegato alcune tecniche di scrittura e correzione, purtroppo, spero perdoniate se errori ne commetto ancora.
Questa è realtà e, non per criticare, devo dire che mi fanno sorridere quelle trasmissioni televisive con titoli ad esempio: Cultura moderna o i reality ecc. ecc..
Tornando a noi, se di reality si parla, quanto scritto è legato di conseguenza agli eventi avvenuti in quel periodo, l’oggi non è sicuramente più roseo d’allora ma, vorrei definirlo con una parola: “Sopravvissuto”, la stessa utilizzata dall’alpinista Reinhold Messner per intitolare un suo libro, dopo la conquista di tutte le cime montuose superiori agli ottomila metri.
Non ho certo scalato una montagna, nemmeno quella della letteratura, anche perché, quest’ultima la ritengo una impresa assai ardua, nonché impossibile. Quello che desidero affermare con la mia metafora è: che sono sopravvissuto a me stesso, con l’aiuto di una penna e svariati fogli di carta. Ho vinto una battaglia contro un qualcosa che mi stava distruggendo internamente.
Trattasi di una vera evasione, la mia, da un carcere senza carcerieri e senza sbarre. Purtroppo, a questo può arrivare in circostanze particolari la mente umana! Ci sono sempre le fondamenta alla base d’un complesso e queste sono le mie, non so quanto positivamente in alto permetteranno di salire, intanto il cantiere è avviato, poi si vedrà. Concludo cosi la mia premessa, ci sarebbe molto d’aggiungere e da spiegare, però, desidero lasciare al lettore spazio all’interpretazione personale, qualunque essa sia: buona o cattiva, positiva o negativa.
Con questo, credo d’aver concesso la combinazione per aprire lo scrigno a dei versi che, nel semplice, hanno qualcosa di prezioso e, come Reinhold Messner, anch’io posso affermare così: “Sopravvissuto”, grazie.
***
La poesia nasce dal nostro intimo per motivi diversi che possono essere di gioia, estasi, stupore, amore, sofferenza ed altro. Nell’autore è il dolore la causa scatenante dell’esplosione poetica, un dolore che non l’ha danneggiato ma gratificato; un dolore che, grazie ad una “situazione triste”, gli ha permesso di “mettere nero su bianco”, gli ha fatto scoprire il suo “essere poeta”.
E’ stata, la sua, una sofferenza lunga e profonda durata parecchi anni. Ne è uscito, però, e oggi si può considerare con orgoglio, un “sopravvissuto”: «Sono un sopravvissuto a me stesso, con l’aiuto di una penna e svariati fogli di carta» egli scrive nella premessa.
La poesia dunque è un vero toccasana: aiuto morale, evasione, rifugio, dispensatrice di pace, piacere dello spirito: «essa non è ambizione, ma la ricerca di un punto di contatto con l’esterno per vincere una timidezza e una solitudine interiore ed esteriore».
C’è chi viene ispirato, e si esprime in versi, quando s’immerge nelle meraviglie della natura, nel silenzio sacrale dei boschi, nella pace dei campi, nel gorgheggio d’un ruscello che saltella tra i sassi, nei colori e aromi dei fiori, nel frullare delle farfalle, nei giochi delle rondini nel cielo di primavera, in un tramonto dipinto di rosa e d’azzurro, nella musica rilassante di un mare in dormiveglia, nei sogni … La poesia di Claudio Rampin è introspettiva. La personalità del poeta si sdoppia ed egli dialoga con “l’altro di sé”. Chi, del resto, meglio di se stesso potrebbe e saprebbe ascoltarlo, comprenderlo, immedesimarsi nei suoi oscillanti stati d’animo, nella sua solitudine interiore? «Solo con la mia anima mi tengo compagnia».
Quale il significato del titolo? Un cuore affranto viene lavato e liberato dal dolore tramite la pioggia benefica e purificatrice. La pioggia è metafora di ri-nascita poetica, di volo sull’Elicona e incontro con Erato. Il testo comprende tre parti. nella prima sono ricordati personaggi noti, morti prematuramente e tragicamente, e il matrimonio di due coppie d’amici. La seconda parte, “Un cuore sotto la pioggia”, dà il titolo al libro ed è la più importante perché evidenzia, in modo globale, il pensiero dell’autore. Indicativi e chiarificatori i due versi introduttivi: "Primi vagiti poetici – oh mia rinascita".
Esplode in Claudio la poesia, si dissolve la sofferenza e torna la speranza, si dirada il buio e ri-appare la luce, l’animo si apre a nuova vita. La terza parte, “Sfinge”, è un monologo poetico in dieci pagine. Il poeta esprime desideri che vorrebbe realizzare, ma il dubbio e l’incredulità lo mantengono in bilico, lo inducono ogni volta a girare pagina. E intanto il tempo passa, ma egli non smette di “giocare e scrivere / sugli incantesimi della vita”. Claudio Rampin è dotato di grande sensibilità e umanità, oltre che di spirito artistico, e il testo esaminato ne è la testimonianza e la conferma.
Pefazione di Antonia Izzi Rufo